Il coraggio del possibile - Capitolo 1

Aveva deciso. Da ora in poi sarà narrativa. Perchè in questo modo poteva nascondere certi problemi di autoreferenzialità. In fondo voleva solo raccontarsi, essere sincero. Trovare compassione e serenità nelle mani calde dell'ispirazione.
Però c'era un limite con cui si doveva misurare. Il limite stesso del suo sentire. Del suo esprimersi inadatto al linguaggio codificato. Era così, Leonardo a Febbraio. Era, perchè l'imperfetto è il verbo che aveva deciso di utilizzare.
Entrare ed uscire dai propri pensieri. Flussi di coscienza, flussi emozionali. Come scrivere del presente. Dell'attimo stesso in cui lo si vive. Senza nulla descrivere, ma soltanto lasciare che anche la scrittura sviva, avvelenandosi della sua stessa essenza.
Mentre pensava e scriveva e viveva, soffriva. L'anima nel corpo, un paio di clarke strette. Lo faceva fumando. Ed ogni boccata in fumo azzurro; nuove forme. Un lupo turista a Venezia. La sua storia triste. Perchè l'inglese non c'era stata. Non l'aveva nemmeno degnato di uno sguardo. Andava verso l'odore del potere. L'odore che avevano gli uomini belli a cui tutto riesce bene.
Leonardo sapeva che non fa differenza. Bionda, bruna, rossa, castana. Così vedeva l'uomo nella sua grottesca umanità. E sapeva di essere condannato alla sua allegoria.
Saperlo era soffrire. Febbraio era soffrire. Andare col pensiero e camminare lungo i viali. Gli alberi. I palazzi. Le finestre liberty di via boccaccio. Una studentessa appoggiata al vetro della finestra di camera sua. I radiohead. L'inverno che sembra primavera. Le poesie di un italiano. Credo giovane e sconosciuto. Uno di quelli che hanno talento e non sanno cosa farsene. Ci rimangono sotto. E non scriveranno mai niente di decente. Guarderanno gli strega e leggeranno sul giornale di scrittori fenomeni. Di poeti galattici. Di morti ammazzati nei modi che solo la fantasia può immaginare. Avanti ancora. Sentendo già la mancanza dell’inglese. Fischiettando una sonata per pianoforte che la ricorda. Smetteva di essere turista.
Quella sera Leonardo aveva gli occhi di Rimbaud. Proseguiva lungo la via della fisarmonica. Lasciava spazio tra se e sè. E poi finiva per riprendere, senza che ci fosse linearità. Senza che si avvertisse una trama. Perchè la vita non ha nessuna trama. La trama è rassicurante. La trama prevede quello che ci sarà dopo. Ma lui non voleva saperlo. Lui detestava saperlo; e non poteva farne a meno.

tratto da:
Il coraggio del possibile
un racconto di Luca Beolchi